Trasfigurazione del Signore (A)

Daniele 7,9-10.13-14  Salmo 96  2Pietro 1,16-19  Matteo 17,1-9

Dal Tabor si deve scendere volentieri. Pietro sbaglia. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui; se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Ma quante volte siamo così anche noi! Quante volte anche noi sogniamo la nuvoletta come lo spot televisivo: il buon caffè, la nuvoletta, il nostro rapporto con Dio, siamo lì, lo preghiamo: “Ti voglio bene! Signore, cammina con me!”. Ci piacerebbe che fosse così la vita, una specie di evasione. Invece Lui dice: “Guarda il mappamondo. Giù, giù. Guarda tutto il mondo. Il tuo posto è lì”. Niente da fare. L’esperienza cristiana è salire sul monte Tabor ma, poi, scendere dal monte Tabor e andare a Nazareth, a Gerusalemme: la vita normale, la vita quotidiana. Il nostro Dio non vuole abitare nelle chiese soltanto; vuole abitare nella vita, negli affetti, negli affari. Vuole che la vita sia in pienezza nel mondo e sia in pienezza per tutti noi, dalla giustizia alla bellezza perché nella Trasfigurazione il colore bianco da sempre vuol dire una meraviglia, è l’insieme delle cose più belle. E sull’amore alla bellezza dobbiamo tutti camminare molto di più perché siamo scaduti a livello di parole, come parliamo, a livello di gesti, come ci comportiamo. Il galateo, lo stile, l’educazione, la signorilità ormai tutto è perso. Siamo diventati volgari e violenti nei gesti e nelle parole. Invece, no. Trasfigurazione. Gente che ama la bellezza, le cose belle, che le sa creare e tramettere. Credo che il credente dovrebbe annunciare solo questo: la bellezza di Dio, un Dio solare, bello, attraente, innamorato. Dovremmo, come diceva il teologo von Balthasar “far slittare il significato di tutta la catechesi, di tutta la morale, di tutta la fede: smetterla di dire che la fede è cosa giusta, vera, santa, doverosa (e mortalmente noiosa aggiungono molti) e annunciare invece la parola del Tabor: Dio è bellissimo”. Allora, per finire, capite che salire sul monte Tabor vuol dire fare questa esperienza di diventare, come diceva don Tonino Bello, contemplattivi, mettere insieme la contemplazione e l’azione, contemplattivi, in modo che sia la preghiera una sorgente: uno viene in chiesa oppure le preghiere del mattino, uno prega, beve a questa sorgente, sente il monte Tabor, la ricorda – ricordare vuol dire mettere nel cuore – e, poi, con questa luce, con questa forza affronta il quotidiano e i momenti bui della vita. Per cui termino citando alcuni Ebrei che durante la Seconda Guerra Mondiale sul muro di una cantina di Colonia hanno scritto queste parole – e sapete cosa voleva dire essere Ebrei in quel momento, in quella cantina – “Credo nel sole anche quando non splende. Credo nell’amore anche quando non lo sento. Credo in Dio anche quando tace”. Questo è il mio augurio per questa settimana e per la vostra vita cristiana. Buona Domenica. don Luciano.