Domenica 26 Dicembre

Pieve:   alla Santa Messa delle ore 8.00 ricordiamo i parrocchiani defunti: Dora Leone vedova Di Donato (Via Pasubio, 12), Umberto Cantini (Via dei Cappuccini, 1), Armanda Crescioli vedova Romei (Via don Sturzo, 47).

Martedì 28 Dicembre

Pieve: ore 11.30 Mattia Falciani riceve il Santo Battesimo.

Giovedì 30 Dicembre

Pieve:   ore 16.00 Santa Messa nel 78° anniversario del bombardamento di Borgo.

ore 21.00 Concerto in memoria delle vittime del bombardamento del 1943.

Soprano: Sumiko Okawa; Violino: Roberta Malavolti Landi; Clarinetto: Sabrina Malavolti Landi;

Orchestra Camerata de’ Bardi; Direttore: Gabriele Centorbi.

Venerdì 31 Dicembre

Santuario ore 17.00 Santa Messa e Te Deum di ringraziamento

Pieve ore 18.00 Santa Messa e Te Deum di ringraziamento.

Sabato 1 Gennaio 2022

Gli orari e i luoghi delle Sante Messe sono quelli della Domenica.

NB: La Santa Messa delle ore 18.00 è celebrata in Pieve.

Domenica 2 Gennaio 2022

Santuario: Al termine della Santa Messa delle 10.30 ostensione del Santissimo Crocifisso che rimarrà esposto fino al termine della Santa Messa delle 10.30 di Giovedì 6 Gennaio, poiché fino al 1743 la festa del SS. Crocifisso era celebrata per l’Epifania del Signore.

PRESEPE MECCANICO

Nella Cappella della Compagnia dei Neri al Santuario dall’8 Dicembre 2021 al 9 Gennaio 2022 è visitabile il presepe meccanico realizzato da abili presepisti. Orario di apertura: Domenica e Festivi 11,30-12,00/16,00-19,00. Feriali 16,00-18,00.

MERCATINO DI NATALE 

Nei locali sotto il porticato del Santuario è aperto il Mercatino di Natale a cura di alcune signore. Si può trovare qualcosa da regalare per le feste. Orario: Pomeriggio 16,00-19,00; Domenica e Festivi anche dopo la Santa Messa delle ore 10,30.

Verso il Sacramento del Matrimonio

I fidanzati che intendono celebrare il Sacramento del Matrimonio parlino coi sacerdoti per iniziare il percorso formativo.

Sagginale

Dal 6 Gennaio la Santa Messa festiva a Sagginale sarà celebrata alle ore 9.00 anziché alle 9.30, almeno per il periodo in cui don Nidhin sarà assente perché farà visita alla sua famiglia in India.

Catechesi del Papa sulla preghiera: 20. 

La preghiera di ringraziamento

Vorrei soffermarmi sulla preghiera di ringraziamento. E prendo lo spunto da un episodio riportato dall’evangelista Luca. Mentre Gesù è in cammino, gli vengono incontro dieci lebbrosi, che implorano: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!” (17,13). Sappiamo che, per i malati di lebbra, alla sofferenza fisica si univa l’emarginazione sociale e l’emarginazione religiosa. Erano emarginati. Gesù non si sottrae all’incontro con loro. A volte va oltre i limiti imposti dalle leggi e tocca il malato – che non si poteva fare – lo abbraccia, lo guarisce. In questo caso non c’è contatto. A distanza, Gesù li invita a presentarsi ai sacerdoti (v. 14), i quali erano incaricati, secondo la legge, di certificare l’avvenuta guarigione. Gesù non dice altro. Ha ascoltato la loro preghiera, ha ascoltato il loro grido di pietà, e li manda subito dai sacerdoti.

Quei dieci si fidano, non rimangono lì fino al momento di essere guariti, no: si fidano e vanno subito, e mentre stanno andando guariscono tutti e dieci. I sacerdoti avrebbero dunque potuto constatare la loro guarigione e riammetterli alla vita normale. Ma qui viene il punto più importante: di quel gruppo, solo uno, prima di andare dai sacerdoti, torna indietro a ringraziare Gesù e a lodare Dio per la grazia ricevuta. Solo uno, gli altri nove continuano la strada. E Gesù nota che quell’uomo era un samaritano, una specie di “eretico” per i giudei del tempo. Gesù commenta: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?» (17,18). E’ toccante il racconto!

Questo racconto, per così dire, divide il mondo in due: chi non ringrazia e chi ringrazia; chi prende tutto come gli fosse dovuto, e chi accoglie tutto come dono, come grazia. Il Catechismo scrive: «Ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento» (n. 2638). La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate. Tante volte dimentichiamo pure di dire “grazie”.

Per noi cristiani il rendimento di grazie ha dato il nome al Sacramento più essenziale che ci sia: l’Eucaristia. La parola greca, infatti, significa proprio questo: ringraziamento. I cristiani, come tutti i credenti, benedicono Dio per il dono della vita. Vivere è anzitutto aver ricevuto la vita. Tutti nasciamo perché qualcuno ha desiderato per noi la vita. E questo è solo il primo di una lunga serie di debiti che contraiamo vivendo. Debiti di riconoscenza. Nella nostra esistenza, più di una persona ci ha guardato con occhi puri, gratuitamente. Spesso si tratta di educatori, catechisti, persone che hanno svolto il loro ruolo oltre la misura richiesta dal dovere. E hanno fatto sorgere in noi la gratitudine. Anche l’amicizia è un dono di cui essere sempre grati.

Questo “grazie” che dobbiamo dire continuamente, questo grazie che il cristiano condivide con tutti, si dilata nell’incontro con Gesù. I Vangeli attestano che il passaggio di Gesù suscitava spesso gioia e lode a Dio in coloro che lo incontravano. I racconti del Natale sono popolati di oranti con il cuore allargato per la venuta del Salvatore. E anche noi siamo stati chiamati a partecipare a questo immenso tripudio. Lo suggerisce anche l’episodio dei dieci lebbrosi guariti. Naturalmente tutti erano felici per aver recuperato la salute, potendo così uscire da quella interminabile quarantena forzata che li escludeva dalla comunità. Ma tra loro ce n’è uno che a gioia aggiunge gioia: oltre alla guarigione, si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato. Questo è il nocciolo: quando tu ringrazi, esprimi la certezza di essere amato. E questo è un passo grande: avere la certezza di essere amato. È la scoperta dell’amore come forza che regge il mondo. Dante direbbe: l’Amore «che move il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, 145). Non siamo più viandanti errabondi che vagano qua e là, no: abbiamo una casa, dimoriamo in Cristo, e da questa “dimora” contempliamo tutto il resto del mondo, ed esso ci appare infinitamente più bello. Siamo figli dell’amore, siamo fratelli dell’amore. Siamo uomini e donne di grazia.

Dunque, fratelli e sorelle, cerchiamo di stare sempre nella gioia dell’incontro con Gesù. Coltiviamo l’allegrezza. Invece il demonio, dopo averci illusi – con qualsiasi tentazione – ci lascia sempre tristi e soli. Se siamo in Cristo, nessun peccato e nessuna minaccia ci potranno mai impedire di continuare con letizia il cammino, insieme a tanti compagni di strada.

Soprattutto, non tralasciamo di ringraziare: se siamo portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza. Il mondo ha bisogno di speranza e con la gratitudine, con questo atteggiamento di dire grazie, noi trasmettiamo un po’ di speranza. Tutto è unito, tutto è legato e ciascuno può fare la sua parte là dove si trova. La strada della felicità è quella che San Paolo ha descritto alla fine di una delle sue lettere: «Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito» (1 Ts 5,17-19). Non spegnere lo Spirito, bel programma di vita! Non spegnere lo Spirito che abbiamo dentro ci porta alla gratitudine.