Venerdì XXXI Settimana del Tempo Ordinario

San Carlo Borromeo, Vescovo

Filippesi 3,17 – 4,1  Salmo 121  Luca 16,1-8

“La nostra cittadinanza è nei cieli”. Veniamo da due giorni di intensa vita liturgica in occasione della Festa dei Santi e della Commemorazione dei defunti dove lo sguardo si è concentrato nella contemplazione del cielo: la morte non ha avuto la meglio sugli uomini e le donne che l’hanno affrontata. È stata vinta la morte e, in virtù di Gesù, i trapassati godono della luce e della pace. Siamo felici per loro? Siamo felici per noi che, prima o poi, avremo il medesimo destino? Davvero abbiamo la nostra cittadinanza nei cieli! Ci lamentiamo tanto della vita perché ci appare faticosa e stressante ma, alla fine, ci accontentiamo della sua provvisorietà e non sappiamo più sperare il meglio. La nostra cittadinanza è il cielo perché è in Dio che noi abbiamo il nostro compimento. Solo in Lui saremo nella pienezza! La vita, benché sia un dono grande del cielo, porta in sé il rischio del peccato, l’amaro della sofferenza, il limite della morte e non riesce a compiere in noi il desiderio di pienezza che solo Dio può dare. E San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, ce lo ricorda. In episcopio c’era un quadro che raffigurava la morte con una falce in mano, tipico simbolo della morte, simbolo pesante, molto negativo; si racconta che San Carlo fece dipingere da un pittore la morte con in mano una chiave d’oro. Diceva il Santo: “La mor­te chiude la porta del tempo ed apre quella dell’eternità, chiu­de il periodo della prova ed apre quello della gioia”. La morte che apre la porta alla vita eterna perché la nostra cittadinanza è il cielo! Buona giornata. don Luciano.