Martedì III Settimana di Quaresima

Daniele 3,25.34-43  Salmo 24  Matteo 18,21-35

“Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?”. È una domanda che, in alcune circostanze, potremmo porre anche noi a Gesù. Quando veniamo continuamente attaccati da una persona in maniera ingiusta, per un certo tempo riusciamo a soprassedere ma, poi, la rabbia e il risentimento si fanno sentire! Conosciamo molto bene la logica evangelica del perdonare “settanta volte sette” ma l’istinto parla un linguaggio diametralmente opposto. Come fare? Anzitutto è bene riconoscere il perdono come una qualità eminentemente divina: umanamente si reagisce ad una offesa con la difesa, la rivalsa, attacco; il perdono è un’arte che dobbiamo imparare, chiedere, desiderare. È un dono di Dio! Se uno perdona significa che ha davvero fatto morire l’uomo vecchio e si è rivestito dell’uomo nuovo. Se il perdono è un arte da apprendere bisogna che accettiamo la sua non immediatezza: direi che è pressoché impossibile perdonare di primo acchito. Ci vuole tempo per arrivare a liberare il cuore da ogni residuo di livore e di cattiveria! Chi, ad esempio, dice “perdono ma non dimentico” è ovvio che non ha perdonato ma ha solo rimosso. Perdonare è proprio condonare e lo si può fare solo una volta riconosciuto il perdono esorbitante di Dio nei nostri confronti! Buona giornata. don Luciano.

P.S. Un requiem per Lorino Dini (Via dei Macelli, 21).