Domenica 4 Giugno

Pieve:  alla Santa Messa delle 8.00 ricordiamo Mario Vannini (Viale della Resistenza, 22) e Luciano Mazzoni (Luco).

Santuario: al termine della Messa delle 10.30 Velatio del Santissimo Crocifisso.

Olmi: ore 11.30 Dafne Carniani riceve il Battesimo.

Pieve: ore 16.00 Allison Isabel Malollari e Greta Palmisano ricevono il Battesimo.

Martedì 6 Giugno

Sant’Omobono: Ore 21.00 Concerto nell’ambito di Festival Passaggi. QUINTETTI RARI: Clarice Curradi e Susanna Pasquariello, violini. Stefano Zanobini, viola. Augusto Gasbarri, violoncello. Marco Ortolani, clarinetto. Con la partecipazione di Francesco Oliveto, introduzione all’ascolto. Musiche di Herrmann, Hindemith. Ingresso libero.

Giovedì 8 Giugno

Pieve: ore 21.00 Santa Messa e Processione del Corpus Domini con il seguente itinerario: Via San Francesco, Piazza del Mercato, Via del Canto, Piazza Curtatone e Montanara, Piazza Gramsci, Piazza Martiri della Libertà, Via Primo Maggio, Via Francesco Pecori Giraldi, Largo Lino Chini, Via Giotto Ulivi, Via Pasubio, Piazza Vittorio Veneto, Via Roma, Piazza Dante (lato Comune), Via Bandini, Via San Francesco, Pieve.

Sono invitati a partecipare tutti: le Parrocchie dell’Unità Pastorale, tutti i laici, i religiosi e le religiose, la Compagnia del Santissimo Crocifisso, la Misericordia, il gruppo Fratres, l’Ordine Francescano Secolare, l’UNITALSI, gli Scout, i Ministri straordinari della Comunione, i Bambini che hanno fatto la Prima Comunione con il loro abito bianco, il gruppo Alpini, i Carabinieri in congedo.

Venerdì 9 Giugno

Sant’Omobono: ore 18.30 il Cardinale Arcivescovo incontra tutti i volontari del Mugello impegnati nel servizio della carità (Caritas, Misericordia, Unitalsi, Associazioni di Volontariato…).

Sabato 10 Giugno

Spazio Reale – San Donnino: dalle 15.30 alle 18.30 Incontro Sinodale Diocesano aperto a tutti. Sarà presente il Cardinale Arcivescovo.

San Cresci: ore 15.30 Matteo Fantoni e Irma Panchetti celebrano il Sacramento del Matrimonio.

Pieve: ore 16 Giovanni e Elena Barletti ricevono il Battesimo.

Domenica 11 Giugno

Santuario: alla Santa Messa delle 10.30 ricorderemo di Graziano nel trigesimo della morte e al termine della celebrazione nella Incompiuta dedicazione di un ricordo dell’indimenticabile Sacrestano.

Pieve: ore 11.30 Martina Pugliese riceve i Sacramenti della Iniziazione cristiana.

San Cresci: ore 16.00 Giorgia Cecconi riceve il Battesimo.

GRIM ESTIVO “Siam piccini… ma cittadini” Per crescere insieme consapevoli dei nostri diritti e doveri

Dal 10 al 14 e dal 17 al 21 Luglio. ISCRIZIONI: Venerdì 9 Giugno ore 21 al Centro Giovanile.

L’omelia del Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, alla Messa celebrata a Barbiana in occasione dell’apertura del Centenario della nascita di don Milani

Sabato della VII settimana di Pasqua 27 maggio 2023 – [At 28,16-20-30-31; Sal 10; Gv 21,20-25]


Alla vigilia della solennità della Pentecoste, la liturgia ci consegna le pagine conclusive dei due libri del Nuovo Testamento che ci hanno accompagnato per tutto il tempo pasquale: gli Atti degli Apostoli, con la prigionia romana di Paolo, e il Vangelo di Giovanni, con le parole di Gesù sul futuro del “discepolo amato”.

Cerchiamo di cogliere il significato dei due testi, perché ci aiutino a comprendere meglio la vicenda umana e di fede di don Lorenzo Milani.

Paolo giunge a Roma secondo un disegno divino che gli era stato annunciato così dal Signore: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (At 23,11). Ma, dopo il processo subito prima a Gerusalemme e poi a Cesarea, Paolo giunge a Roma esteriormente limitato nella sua libertà, prigioniero, agli arresti domiciliari, sorvegliato da una guardia. Eppure, questa condizione di ostacolo oggettivo che grava su di lui non ne impedisce la missione.

Anche a Roma, anche nella prigionia, la sua missione continua e avviene nelle forme consuete, rivolgendosi anzitutto ai giudei, perché il disegno di salvezza che Dio ha per il mondo non ha subito un’interruzione, abbandonando il suo popolo, ma in Gesù quel disegno è giunto alla sua pienezza, e questo vale anzitutto per il popolo che Dio aveva scelto come suo segno di presenza nella storia umana. Per questo Paolo può rivendicare che la sua stessa prigionia avviene «a causa della speranza di Israele» (At 28,20).

Come era accaduto nelle altre tappe della sua missione, la parola di Paolo non trova accoglienza unanime tra gli ascoltatori e crea tra loro dissenso. Allora Paolo, nel passo che la lettura liturgica purtroppo omette, proclama: «Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!» (At 28,28).

Nessuno è escluso dall’annuncio della salvezza e questo deve ora poter raggiungere tutti, senza esclusioni. È quanto accade in quella casa che è al tempo stesso prigione: «Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo» (At 28,30-31a). È questa una sintesi efficace della missione di Paolo e della Chiesa: l’accoglienza di tutti, senza preclusioni e senza parzialità; l’annuncio e l’insegnamento di un contenuto di fede che non è una visione ideologica ma la proclamazione dei fatti che Dio compie per noi e al tempo stesso accompagnamento nella comprensione di ciò che significano per la vita di ciascuno; e questo unendo insieme la predicazione di Gesù sul Regno di Dio e gli eventi salvifici della sua Pasqua nonché la realtà della sua attuale signoria sul mondo. Ma quel che più colpisce sono le parole conclusive del testo che qualificano la missione di Paolo: egli annunciava e insegnava “con tutta franchezza e senza impedimento” (At 28,31b). È la fede a far sì che un uomo prigioniero agisca senza impedimento e che la condizione di sofferenza non ne freni il coraggio, anzi lo renda ancora più forte. Ma è proprio nelle condizioni estreme del rifiuto e dell’afflizione che emerge come la vera libertà sia quella interiore e come sia nella prova che si riveli la verità di una persona, la sua forza, la fermezza e l’audacia con cui si pone di fronte al mondo.

Non ho bisogno di molte parole per dire come questa immagine di Paolo e del compimento della sua missione possa aiutarci a comprendere la vicenda umana, cristiana, ecclesiale e sacerdotale di don Lorenzo Milani. Troviamo in lui la stessa coscienza di essere depositario di un Vangelo di piena umanità che deve rivolgersi a tutti, la stessa forza nel non pensare che un confinamento possa togliere qualcosa a questa missione, lo stesso coraggio con cui misurarsi con gli ostacoli interni ed esterni alla sua volontà di essere testimone di Gesù per gli altri. Gli occhi umani potranno vedere in Barbiana un esilio punitivo, così come la prigionia romana poteva essere considerata un esito infelice della missione di Paolo; don Lorenzo non la pensava così e ha sempre vissuto la sua missione di prete, anche in questa periferia del mondo, come Paolo «con tutta franchezza e senza impedimento».

Qualche considerazione sulla pagina del Vangelo, che fa seguito al dialogo che Gesù ha con Pietro, in cui, alla triplice dichiarazione di amicizia da parte del discepolo che lo aveva rinnegato, Gesù risponde con il triplice affidamento del ministero pastorale nella cura del gregge dei discepoli, un ministero legato però alla rinuncia alla propria volontà e alla disponibilità a dare la vita per il Signore, come il Signore. A questo dialogo seguono le parole che abbiamo ascoltato che hanno come protagonista un altro discepolo, quello che il quarto Vangelo definisce come “il discepolo che Gesù amava”, modello del discepolo fedele, che non abbandona mai il Signore, non durante il processo, non sotto la Croce. Le parole che riguardano il suo futuro non sono facili da decifrare, ma si possono ricondurre al fatto che egli non sembra avere alcun ruolo di autorità nella Chiesa, ma di godere dell’autorevolezza della testimonianza che egli è in grado di offrire proprio perché, avendo accolto in modo esemplare l’amore di Gesù, ne è uscito trasformato e capace di comprendere fino in fondo la sua rivelazione: «La sua testimonianza è vera» (Gv 21,24b). A questo deve guardare Pietro, a cui è chiesto ancora una volta di essere discepolo: «Tu seguimi!» (Gv 21,22b).

Ambedue queste figure di discepoli del Signore ci aiutano a capire il mistero della vita di don Lorenzo. Chiamato a svolgere la sua missione di pastore del piccolo gregge che gli venne affidato, egli non lo fece con minore dedizione, fino a una consegna totale della propria vita alla sua gente; come Pietro, pastore nella sequela di Gesù. Ma sappiamo anche che questo sacrificio di sé aveva le proprie radici nella consegna che aveva fatto della sua esistenza a Cristo, catturato da un amore che lo aveva preso senza riserve; come “il discepolo che Gesù amava”, testimone vero perché conquistato dall’amore di Cristo.

La sua testimonianza ci viene consegnata perché continui a vivere tra noi. Grave sarebbe confinare l’esperienza di don Milani nell’archivio dei ricordi e pensare che essa non debba avere un domani. Di qualcosa di simile era preoccupato anche l’evangelista Luca che, sapendo come il Signore avesse affidato agli apostoli il compito di una testimonianza «fino ai confini della terra» (At 1,8), chiude la narrazione della vicenda del più grande evangelizzatore in una piccola stanza sperduta nell’immensa città imperiale, senza che i confini della terra siano stati raggiunti, lasciandoli con tutta evidenza come compito alla comunità dei suoi lettori. Vale anche per noi il compito di un tratto di strada verso il dare compimento a un messaggio sulla Chiesa, sulla società, sull’umanità che raccogliamo dalla vita di don Lorenzo Milani.

Valgono anche per noi oggi le parole che Papa Francesco pronunciò in questo luogo sei anni fa: «Sono venuto a Barbiana per rendere omaggio alla memoria di un sacerdote che ha testimoniato come nel dono di sé a Cristo si incontrano i fratelli nelle loro necessità e li si serve, perché sia difesa e promossa la loro dignità di persone, con la stessa donazione di sé che Gesù ci ha mostrato, fino alla croce» (Discorso in occasione della visita alla tomba di don Lorenzo Milani, 20 giugno 2017). Anche noi siamo venuti oggi a Barbiana per rendere a don Milani questo omaggio di una memoria impegnativa”.