Giovedì XIII Settimana del Tempo Ordinario

Genesi 22,1-19  Salmo 114  Matteo 9,1-8

Una richiesta inaccettabile: immolare il figlio della promessa. Abramo sente risuonare nell’intimo la pretesa più terribile che poteva essere immaginata. Non ha esitazioni: prende il figlio Isacco e tutto l’occorrente e si avvia verso il monte Moria. Mi chiedo se davvero Dio possa chiedere una cosa del genere. Sono convinto di no. Tant’è che il sacrificio, alla fine, viene offerto immolando un ariete e non il figlio. È un brano, questo, detto eziologico cioè definisce come culturalmente c’è il passaggio dal culto idolatrico dell’infanticidio al vero culto divino rispettoso della vita. Tuttavia, la fede di Abramo resta il paradigma della fede perfetta: la sua granitica certezza che Dio ha in mente qualcosa di buono lo pone in totale servizio della volontà di Dio, anche quando apparentemente chiede qualcosa di inaudito. Mi sovviene la preghiera del Beato  Charles de Foucauld:

“Padre mio,
Io mi abbandono a te:
fa’ di me ciò che ti piace!
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.

Sono pronto a tutto,
accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature.

Non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima
nelle tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore,
perché ti amo.
Ed è per me un’esigenza d’amore
il donarmi,
il rimettermi nelle tue mani