PIEVE DI SAN CRESCI IN VALCAVA
Pieve fra le più illustri del territorio, muta testimone e custode delle gesta e delle reliquie dei santi evangelizzatori del Mugello, San Cresci in Valcava sorge, alle pendici del Monte Giovi, sul luogo nel quale, secondo la tradizione, trovarono il martirio e la sepoltura, nel III secolo, i martiri Cresci, Ezio e Onione (oltre agli altri martiri Panfila e suo figlio Cerbone che li avevano ospitati e che conobbero anch’essi il supplizio) durante le persecuzioni dell’imperatore Decio. Sul luogo della sepoltura sorse ben presto un sacello che sarebbe poi stato sostituito dall’edificio plebano. In ogni caso, le testimonianze documentarie più antiche della pieve di San Cresci in Valcava risalgono al 941 e al 1177.
La pieve medievale, databile alla seconda metà del XII secolo, fu visitata nel 1701 dal granduca di Toscana Cosimo III, il quale, riscontrate le precarie condizioni in cui versava, decise di finanziare adeguatamente i lavori di restauro che furono affidati all’architetto Giovanni Battista Foggini. Il suo intervento fu particolarmente rilevante, tanto che l’impianto originario della chiesa risultò completamente alterato e arricchito di decorazioni, altari e dipinti. L’edificio riportò gravi lesioni in occasione del sisma del giugno 1919 ed in occasione dei successivi lavori di restauro, si operò un’ulteriore ricostruzione che mirava, secondo i criteri del tempo, a riportare la pieve al suo aspetto medievale, eliminando, di fatto, quasi ogni traccia dell’intervento fogginiano. ln sostanza, ad esclusione del campanile che mantiene ancora oggi gran parte della muratura medievale, l’intero corpo di fabbrica fu ricostruito, sia pure impiegando, almeno in parte, i materiali originari.
L’edificio attuale, realizzato in bozze di macigno disposte in regolare filaretto, presenta facciata a capanna, frutto per lo più della ricostruzione novecentesca, sulla quale è collocata, in basso a destra, una lastra tombale della famiglia Ghinazzi, datata 1258. L’interno è articolato in tre navate separate da due grandi arconi sostenuti da pilastri quadrangolari, a loro volta separati da un pilastro intermedio con due arcatelle minori, aggiunte, a quanto sembra, dal Foggini per ragioni statiche. Il nudo e un po’ freddo interno, concluso da un’abside semicircolare che reca nel catino un dipinto degli anni trenta del secolo scorso coi santi della Valcava, conserva ancora, fortunatamente, l’altare in marmi policromi a gradini progettato dal Foggini e realizzato dagli scalpellini Romolo Patriarchi e Romolo Tortoli, destinato a custodire le reliquie dei Santi martiri. Da quanto è possibile giudicare oggi, la pieve di San Cresci romanica appartiene al gruppo delle pievi romaniche del contado fiorentino opera di maestranze locali del XII secolo, caratterizzate dalle semplici ed austere linee geometriche, mentre l’inconsueta soluzione originaria relativa ai sostegni interni trova un esempio analogo nella pieve di Legri, che sorge nella val di Bisenzio.
Sempre all’interno, la pieve conserva ancora, murata in una parete, un’edicola lapidea di evidente fattura gotica e risalente alla fine del XIV secolo, identificabile con quella che era impiegata per conservare la preziosa reliquia del capo di san Cresci, che fu tolta agli inizi del Settecento per essere collocata nel nuovo, prezioso reliquiario in argento.
Una porta che si apre nella parete sinistra della chiesa conduce alla sacrestia e ad una cappella, che, doveva essere in origine l’oratorio della Compagnia laicale della SS. Annunziata dove si vede, un finto altare barocco affescato con al centro, entro una cornice a dotivi vegetali dorati, l’Annunciazione, dipinta tra il 1719 e il 1725, dal pittore Anton Domenico Bamberini.
Sulla parete sinistra, ai lati di un crocifisso di recente realizzazione (David Mayernik), si trovano due tele raffiguranti la Vergine addolorata e San Giovanni Evangelista, del pittore sei-settecentesco Giuseppe Gori (Firenze, 1663 ca.-post 1708).
Nello stesso ambiente, nel 2010 si sono conclusi i lavori di David Mayernik che ha eseguito ad affresco, oltre al suddetto crocifisso, anche degli ovali con scene della Vita di San Cresci e dei Compagni martiri.
Del patrimonio di arredi della pieve, che in passato deve essere stato rilevante, soprattutto per merito delle ingenti donazioni di Cosimo III, si conserva una preziosa pala d’altare attualmente custodita nel Museo “Beato Angelico” di Vicchio, la Madonna col Bambino, opera dell’anonimo Maestro della Madonna Strauss, pittore degli inizi del Quattrocento (1400-1405) e il busto reliquiario di San Cresci, realizzato, certamente su commissione del stesso granduca Cosimo III, eseguito interamente in argento sbalzato e cesellato dall’argentiere di corte Bernardo Holzman, su disegno del Foggini (primi anni del Settecento). Si tratta di un arredo estremamente prezioso e raro, capolavoro della produzione artistica di epoca tardomedicea ed è attualmente conservata nel Museo di S. Stefano al Ponte a Firenze.
A pochi metri dalla pieve, lungo la strada che conduce al cimitero, sorge la cosidetta “Cappella di san Cerbone”, semplice edificio rettangolare con una bella facciata modanata: sorge dove, secondo la tradizione, si trovava la casa dei Santi Fanfila e Cerbone, nella quale fu ospitato Cresci e nella quale egli operò la miracolosa guarigione del giovane Cerbone. Anche il piccolo edificio, che versa purtroppo in precarie condizioni, appartiene al complesso dei lavori fogginiani voluti dal Granduca Cosimo III e conserva, sopra l’altare, un dipinto murale con la Guarigione di Cerbone ad opera di Cresci, opera di Ferdinando Folchi (1881).